TRA I RIMORSI

Si rivendicano posizioni,

produzioni,

attanagliati da troppe mutande,

biancheria assai fugace,

mordace,

superficie ammainata di piacere,

estinto gioco di potere,

macchia perenne al tatto.

La pallida emozione della prima volta,

rimarca il piacere,

la nostalgia,

lo sguardo dovuto nel ricordo.

Taccia la maschera,

si abbeveri di sguardi,

perduta nell’ombra,

quasi sinistra agli obbiettivi.

FORMATI E RECIPIENTI

Cuori meticolosi,

attenti alla fuga,

alle moderne posture,

ai dialoghi muti,

queste parole che si inebriano,

inondate da patti acuiti.

Resta una sella di troppo,

una valida usura turpe,

ragazze guidate dall’inerzia,

dai cuoricini senza sposo.

Il patibolo,

come horror,

sconta gli occhiali scuri.

L’AGENDA

Saremo in gado di amarci?

Oltraggiare questo muro bianco,

avanzare,

nel delirio meticoloso di un batticuore?

Avremo ciò che altri hanno perduto,

nella vana speranza di risultare meno sterili?

Un eco prevale sull’altro,

bisogni di inetta figura.

Torneremo su questa strada,

equo ghigno dall’ultima volta?

AUTOPSIA DI UN BACIO

Il sacrifico di un bacio,

probabilmente l’ultimo,

forse il più oltraggioso,

incestuoso,

virale ,,,

capace di stordimento,

latere e di traverso all’universo,

ai mondi ancora preclusi,

alle macchie di pelle sfiorate ,,,

Il rammarico di un bacio,

tatticamente inebriante,

fatalmente languido,

tacito e distante,

caldo ma rassicurante …

Ora ti fermi qui,

ora asciughi le labbra.

Manca il coraggio,

il volersi dire qualcosa,

ahimè rimasto tra i denti.

Non è reale,

non siamo reali.

ASTEROIDI

L’equilibrio della distanza,

il battito emotivo di troppo strade.

Quando guardarsi dentro,

preclude molta attenzione,

cura sociale,

talvolta anche anale.

Lasciarsi alle barzellette,

agli analoghi corrispettivi,

alle ritorsioni sulla pelle,

non collima mai.

Rifaremo ancora gli stessi errori,

rivivremo scene urbane,

frasi già dette …

per secoli,

ogni frangente,

irromperà la scena,

la scienza ideale.

Le stelle torneranno su Roma,

come cadente illusione.

Non vi sarà più amore,

giustizia o parabole.

Le metafore,

collimando sui tetti,

saranno brina eterea.

IL GIROTONDO

Nascondersi,

aiuta a vagare meglio,

in questo orizzonte senza sangue,

stravolto dalla commedia,

dalla profilassi mal ingerita.

Soltanto tu,

potresti parlarmi addosso,

generare la giusta psicosi,

per fermare questa corrente …

Ma io sono andato via,

smarrito,

senza casa,

senza rete,

aperto alle occasioni,

raramente prevedibile.

Ancora rompiballe e vero,

ma tremendamente rarefatto,

armato di pazienza,

saliva comportamentale,

gabbia inutile,

slabbrata,

tesa alla riscossa.

FUORI CONTROLLO

Poca voglia,

troppi testimoni,

terzo incomodo il sesso,

atrocemente riciclato,

talvolta pulsante,

mai espletato,

resta in lunga attesa,

senza desistere.

Mi sono innamorato per caso,

la prima volta.

Ho dato tutto,

persino il risentimento della fine,

il ripudio.

Disimparando l’eguaglianza,

mi sono guardato dentro,

per ottenebrare una luce gotica,

promiscua.

Ho sciolto i dubbi,

ho indossato l’abito da puttana,

e sono andato via ….

 

ALI

Quando ci daremo delle regole,

gli effetti collaterali saranno estesi,

dominio pubblico,

carteggio avanzato,

vantaggi per la plebe,

il caos,

irrequieta spazzatura riciclabile.

Mi ricordo una scena commovente,

un cuore suddiviso,

due farfalle spazzate via,

da un auto in corsa lungo la statale,

mentre amabili,

si rincorrevano.

Poi ancora le ali,

qualche breve movimento,

poi altre vetture in corsa.

Nulla più.

MAI AL PUNTO

I miei colori nefasti,

non si moltiplicano.

Essi mi giudicano,

per la reazione che sopporto,

la chimica che trasbordo,

il pericoloso dubbio che incombe,

l’inciampo senza biasimo,

che sollevo ad ogni dettatura/dittatura.

Sono riconoscente e primordiale,

ma non ho riscosso il tempo,

dato ad esso il giusto tributo.

Solo una stilettata di virgole,

ancora una vulgata di parole,

una illetterata motivazione di diniego,

una sopportazione mediocre,

e vero,

una riscossione tattile,

sull’onda scaltra del cedimento.

E VISSERO …

L’eroe non giudica,

veste i panni della perfezione,

morendo sempre,

alla fine di ogni storia,

talvolta,

lasciando tutto alla rinfusa,

ove il cattivo di turno prevale.

L’eroe non si batte,

tende a causare tanto fumo,

selva amaranto per i rifiuti.

Domina un apparato intelligente,

una scia di colpi di scena e tradimenti.

Il finale è sempre scontato,

ma non smettiamo per questo,

di creare santini come deterrente,

alla coscienza troppo sporca che indossiamo.

FAR TARDI

Forse,

il prezzo della comprensione,

comincia a costarmi troppo.

Il digiuno totale di certe velleità,

del resto,

comporta la perdita scomposta,

la non appartenenza virale.

Io stesso,

sono la causa primordiale,

il male assoluto di questa idiosincrasia,

un raro caso di affezione postuma.

La terra continua a girare,

pur evitando uomini migliori,

tasti o esplosivi di comodo.

UNO, DUE

Indifferente al mondo,

continuo a tremare senza tasti.

Collasso per ogni tremore,

ogni scossone,

porte assediate o meno,

la coerenza sparge botte di sale.

Resto equivoco,

misogino al suono,

a quegli estremi strati di cuore.

Abbondo nell’ombra,

su resoconti ancora distanti.

PER DIMENTICARE

Ci daremo la mano,

in questa prigione di sentimenti,

dove io ti osservo

e tu ricambi,

senza conoscere l’attrito dei miei pensieri,

la gabbia erotica,

la stalla su cui ti porterei,

fantastica ipocrisia pornografica.

Andremo a fondo al disagio,

in questa meccanica di osservazioni,

annaffiati da punti esclamativi,

tesi e tiepidi,

storditi dal mistero,

da una non ricambiata passione sessuale.

DETRITI

La delusione,

come poeta,

alimenta la stesura,

la perdita di cognizione,

il perno della distanza,

il plauso per un aborto d’amore.

Solo piccole bozze,

alternative armate,

scorta recondita di pensieri.

Nel retroattivo,

gli anfratti agevolano i calcinacci,

la gogna mediatica,

il guadagno senza risparmio.

Sulle prossime righe,

scorgeremo il poeta finire,

logoro di tempo,

amareggiato dalla tempesta,

contro un fiume di profonda bassezza.

 

ELEMENTO

I nostri celebri documenti,

quel frutto di interesse comune,

una dottrina nata per caso,

un chiaro mondo di affezione,

natura sdrucciolevole e sicura,

mantra ristoratore per le pene,

agio generoso di molecole bianche ,,,

nutrimento carnale,

sporgenze lasciate al caso,

pur eccedendo nella spinta,

caduti in bocca agli Dei,

certi di fatali ricognizioni.

Non ci resta che sfiorarci,

armarci di istinto,

tornando alla causa sessuale.

SCAVA ANCORA

Il labirinto estrinseco di molte cose,

un agio duttile al tatto,

parsimonia celebre di alta memoria,

gusto eccelso di giudizio.

Dimostro poca affinità col prossimo,

malgrado le prove di coinvolgimento,

non sono ancora capace di abbordare,

strappare i convenevoli,

passare direttamente alle parti intime,

talmente dissociativo ed empatico …

caratterialmente difficile,

rimostro ciò che vale,

pur battendo un tempo dilatato,

manfrina ignobile di troppe seghe mentali.

NEL MIO

Carezze sentite,

in me,

duttile crimine di rimorso.

Basta poco per muoversi,

agitare uno spettro,

rimarcare la mediocrità,

la sola civiltà cui trascino.

Chi sei?

Troppo porpora,

poco lusso di conforto.

Sudore alla sprovvista,

diametri scorti di linguaggio,

crudi piagnistei alla bisogna.

Mi mancherò,

e vero ,,,

ho abbastanza pietà dello scrittore.

NELLA SELVA

La mia idea di futuro,

persuade la pioggia,

adorna di foglie,

spazzate dalla corrente,

come se nulla fosse qui,

reale,

in contrasto con la poca luce.

Io abbozzo qualcosa,

niente di selvaggio,

trappole buone per la mente,

e meticolosamente trascrivo,

nella fretta di scoprirmi sincero,

vero,

ligio al dovere,

alla morale cozzata prima.

Ero qui,

un attimo fa,

da qualche parte,

raffermo sulle scelte,

paure avvolte da panico,

ammantato di sacrificio …

nudo al cuore,

pelle addentata con fatica,

cavilli frammentati e di decorso.

IL FORMATO

Troppe nuvole,

ciechi marinai in rivolta,

poche orme da inseguire.

La stretta via soggiace,

il cumulo agiato di spazio,

affina la propria culla.

Un demone alla porta,

una vertigine indolore,

un sacro pasto in conclusione,

nel blu permeato dell’assenza,

la tua parvenza,

all’apparire,

quasi un suolo nefasto,

stretto su simili promontori,

ogni io che ciancia,

ogni stregua consumata,

suole rinverdite,

acredine danarosa di annessione.

 

DESTRA

L’estensione che ripropongo,

riesce a leggermi dentro,

a tollerarmi,

malgrado certe esigenze,

esistenze.

Rimarco più volte sullo stesso velluto,

agito qualcosa,

alterco prostrato,

disagio di razza,

specie indennizzata …

Su larghe intese,

uno scalpo di troppo,

tesori additati come testuggine.

Universi paralleli,

infernali oggetti di circoncisione,

fattura impressionistica.

Se colpisco,

ogni molecola brucia gioia,

scorie interiorizzate ad brevi intervalli.

Monologo retto.

ETTARI DI RITENSIONI

Qualche forma intelligente di vita,

un emozione tralasciata ai bordi del cuore,

una virata di asprezza all’occorrenza,

deterrente collinare,

privo di mesta gioia.

Verrano a spazzarmi via,

cercheranno di possedermi,

ma io avrò già perduto,

rilanciando una pessima stagione,

su questioni prettamente anomale.

Lo farò lentamente,

senza neppure abbassare la guardia.

Da lontano,

inseguirò il tuo candore,

le futili promesse degli occhi,

dentro una specie amorfa,

in via di estensione.

MAI COME LORO

Sono ancora emotivo,

garantista per assoluzione,

comodo con gli incomodi,

lustrascarpe con me stesso.

Non ho mai piegato l’orgoglio,

e tutto ciò,

non mi ha portato ai piani alti,

alla cultura del potere,

allo stravolgimento dei fatti.

Non ho voluto approfittarne,

sono rimasto fedele a me stesso,

senza scodinzolare mai a nessuno.

Un errore,

e vero,

ma un forte ragguaglio preventivo,

un profondo rispetto per la persona,

la mia.

Forse, oggi,

agirei diversamente,

non sarei così forte su quei valori,

ne sono certo.

POSTILLA

Non durerà per sempre,

questo finto orgoglio,

un filone al dettaglio,

una marca di detersivo compromesso,

finta abnegazione di potere,

consenso doveroso,

nevvero,

sui brandelli ondulati della fiducia.

TRA I DETTAGLI

La musica si fa cattiva,

come il cielo terso,

comunione di beni in me,

espanso a onde grevi,

mai taciturno,

eppure di fragile ossatura.

La sento,

entra nel vivo del dramma,

comincia a siglare il contorno,

l’udito,

la percezione assai violenta …

Assorbo i Tool,

e nulla si raffronta come idioma.

Convivo con apprensione,

apostrofo l’indecenza,

esercito un volere drammatico ,,,

riconosco la mia natura,

non la tradisco,

la partorisco.

NELLA SINTESI

D’improvviso,

la mia pelle si fece a brandelli,

troppo tesa allo scontro.

Non avrebbe retto abbastanza a lungo,

la tensione,

tutta intorno,

sembrava stritolarne i movimenti.

Mi ero abituato alla gentilezza,

mentre adesso,

costretto dalle circostanze,

inveivo su drastiche circostanze.

VERSO EST

Ho avuto molto da dire,

attento a non evadere,

alla riscossa di me stesso.

Mi sono ritrovato,

per qualche ora,

distratto dai miei passi,

in un contorno ridente,

nettamente all’opposto,

di questa grigia esistenza.

Ho finto, per un pò,

un comportamento non allineato,

ho saputo guardare a fondo,

affogando di scatto e negligenza,

libero di agitare il consumismo,

dritto e su misure soleggiate.

MAI PIU’ NOI

C’è qualcosa di raffermo,

una natura inviolabile,

una funzione di riserbo,

cuori troppo minuscoli,

per comprenderne il battito,

l’orologio naturale delle cose ,,,

eppure traccio ancora il percorso,

la risonanza opportuna,

di un atomo dato per spacciato.

Quando ho cercato quella strada,

non ero capace di amarti,

ma ho provveduto,

a chiudere gli occhi,

affinché potessi partire,

finalmente,

senza averti a fianco.

Inopportuno per scelta,

ma prettamente libero,

disarmato dai ricordi,

tattico nella scelta dell’addio.

FINZIONI

Le nostre priorità sono cambiate,

mutate nel tempo,

paragonabili solo alle chimere,

a quella falsa maturazione affascinante,

tutto sommato voluta,

involuta per gradi,

eppure scaltra parimenti,

inadatta a ieri,

già sorvola paragoni ed elogi,

per mutare ancora forma,

aspetto,

decisamente sorniona,

ammiccante,

virtuale.

Conta l’equilibrio di base,

la pudica astinenza errante.

SCONTO

Le nostre prigioni,

come plasma amaranto,

incerta luce in movimento,

rancore di pregevole sconcerto,

incontro diretto di anime placcate,

brio inconsistente di braccia,

argento come polvere da sparo,

sementi per l’intelletto,

voci apparenti di bel canto ,,,,

le nostre pistole,

come agio per la difesa,

vendetta reclama preda,

orgasmo richiama l’istinto,

udito condona il silenzio.

Rimarchevole sonno diurno.

QUANDO NON C’ERO

C’era un volo generoso,

nel primo abbozzo dell’alba,

quando ti vedevo uscire di casa,

mentre ti spostavi per lavoro,

ed io con gli occhi,

arraffavo dentro i tuoi pantaloni,

a seguire quella grossa erezione,

assonnato,

pigramente demotivato,

ti muovevi per bere un caffè.

Io avrei dato un taglio a quel tedio,

frugando in fretta tra le tue gambe,

ridestando il piacere,

spegnendo ogni dogma di domanda.

Ma la fantasia,

eccede per riordinarsi in sé.

IN BREVE

Sarò ancora pioggia,

inopportuno,

quasi sterile,

per ogni movimento reazionario,

sorpruso,

stupro.

Avrò della stupidità a fianco,

spine decorose di pentimento,

ma mai un cielo meno adirato.

SAPRO’ TORNARE

Assurge il tempo della rimostranza,

di un vacuo bisogno sterile,

di cose accampate nel cielo,

come cimiteri roboanti di silenzio,

una corruttela di intenzioni,

sermoni,

abbracci spirituali.

Tutto un eterno disguido,

una facile pioggia di pensieri,

capitoli nuovi alle membra corrotte.

Ciò che segue,

percuote una rilettura di secoli.

I comportamenti,

del resto,

hanno desistito,

lasciando ai margini della società,

un impianto poco edulcorato.

HI TECH

Manovre,

forse tradimenti,

in piena solitudine,

forme di rara bruttezza,

agglomerati tendenziosi,

somme di caffè alternative,

tabacco forse spento,

giaculatoria tendenziale,

aspra nello spargere cumuli di boria,

vento atto alla condanna,

coltelli piacevolmente sconditi.

La piattaforma resta esanime,

il cuore,

anch’egli virtuale,

sobbalza ancora per un pò,

prima di cedere la spina al wifi.

UN TILT

Non so gestire questo traffico,

intenso impostore urbano,

veicoli sparsi,

in fondo al cuore,

si sommano alle lamiere,

alle carni dilaniate,

che ho contribuito a ferire,

mortali spoglie,

su cui ho danzato,

vigile e con occhi accesi,

prima di rimpiangerne l’amicizia,

la stima reciproca.

Ora i clacson non tacciono,

e lo strillare continuo,

inquina il mio buon senso,

questa fragile armatura,

abituata a temere i corvi,

gli sciacalli,

spazzini necessari,

frantuma ossa come me,

dannato pei secoli a venire.

IERI, E ANCORA IERI

Continuo a perdere colpi,

la stanchezza,

forse la poca volontà ,,,

avanti,

sembra una avanzata stoica,

assai imprecisa,

caratteristica spicciola,

scabrosa sequenza di nuove insidie ,,,

se mi fermo,

lo faccio per riprendere fiato,

immaginare qualcos’altro,

valutare l’eterna lacuna visiva,

di soppiatto,

quasi una congiuntura,

tra passato e trapassato …

Non vedo differenze,

non mi ragguaglio decisamente …

l’arte di fondere ed effondere,

mortifica i miei gesti.

IL BREVE EPILOGO

Non serviranno più le parole.

Esse,

come contorno sterile,

asserviranno i convitati,

un ritorno pressoché alle origini,

del primo uomo,

di quella razza selvaggia,

alle circostanze di diniego,

ormai assuefatte dal troppo dire.