Conservo vite senza identità,
vecchi agglomerati di angoli bui,
polvere,
cose che per tanto tempo hanno osservato solo il silenzio,
un continuo andirivieni di persone e cicatrici,
chiari momenti di sepolte verità strappate.
Conservo ancora l’odore degli oggetti,
la penna,
il fragore nello scrivere,
l’intenzione di non essere più capace di subbarcarmi pesi e pezzi di cielo.
Respiro il panico,
la riserva iniziale di un idolatria all’inverso,
una stella incapace di far luce.
Respiro il panico,
avverto a distanza i problemi della gente,
le smanie,
le voglie spesso assurde,
pesanti ..
Respiro il panico,
il sesso,
i voleri assenti di un corpo che più non esprime desideri,
la violenta rabbia negli occhi del prossimo,
i soldi,
il potere,
questa ineluttabile forma di schiavitù formidabile ..
Respiro il panico,
i voleri di un clichè già ripetuto,
infangato,
reso inviolabile dalla stessa stazza di un fiammifero,
il volo,
l’iniqua tolleranza al sole,
a braccia simboliche d’affetto.
Respiro il panico,
e dentro,
qualcosa,
muore per rinascere.
Un altra volta.