SINDROME DI BATMAN

E così cangiante il rispetto,

talvolta inerte,

alle bordate della vita,

ai troppi ossequi che si fanno,

senza valutarne mai le intenzioni,

le discordanze …

Eppure,

le funzioni di ogni cambiamento,

riportano il sangue alla mia attenzione,

questa breve voglia di evasione,

forse attenzione.

Ma non riesco a scegliere la categoria,

miscellanea imperfetta,

di concerto fattibile …

Questa strana sindrome di Batman,

alla fine,

ha colpito anche me,

questa ricerca di Robin,

questa velata tenerezza,

e troppo straziante,

aitante,

per le fatiche imposte al mio muro.

INTORNO A ME

Quando smetto di pensare,

qualcosa mi scivola dentro,

come pane azzimo,

acerrimo contrasto d’opinione,

opinabile desiderio inconscio,

di saltare addosso a qualcuno.

Sono solo brevi momenti,

i cui,

molte interrogazioni,

sorvolano la mia pedante testa,

perpetua ricerca di simboli,

oggetti da venerare,

scambiare il sacro per sacrificio,

fermare il trabocco della ferita …

La verità,

in fondo,

ci renderà alieni,

insofferenti,

giurati nemici,

al passo coi tempi.

PUNIZIONE

Sperma e gambe,

connubio perfetto per un principiante,

latere a improvvisazioni,

buffo in arte,

labbra cucite sulla tenerezza puerile,

nutrimento imberbe e qualche pelo,

ma ciò che conta e il sapore,

indefinito,

non ancora forte,

da uomo,

capace comunque,

di mandare il cervello in tilt.

Succhia,

pulisci,

stana i tuoi demoni,

divora quel monello.

IL GUSTO

Dovrei essere selettivo,

cattivo,

nocivo,

metodicamente studiato a tavolino,

per dominare elementi di destrezza,

eppure mi avvallo sempre di formule deviate,

sbagliate,

negligenti,

talvolta maligne,

compromessi aitanti,

fondi di caffè e chewing gum a tema,

pur di protrarre le mani su qualcosa,

sul breviario esistenzialista,

di sermoni suggestivi.

QUEI MOMENTI

Questo stile impervio,

ritrova il mio cammino,

una candida voce selettiva,

un momento capace di soffermarsi,

malgrado la calura autunnale,

queste insoliti belle giornate,

travolgenti per capacità,

eccitanti per lo slancio dei corpi,

tuffi di succinta eccitazione,

in concreti abitini stretti,

bravi a rimorchiare le curve inguinali.

Ed io guardo fintanto posso,

lasciando che il pensiero,

si spinga oltre, oltre …

Poi torno a casa ancora confuso,

ma mai deluso,

eluso.

Riconosco il mio tempo,

il margine intercorso,

la miglioria come supporto,

per non tradire sentimento.

Mi avvallo della facoltà adulta,

per essere sconcio,

magari,

ma affidandomi alla mia età,

a questa matura prova che indosso,

oramai,

senza ricercare ciò che non potrò più avere.

SENZA STILE

Temo gli equilibri,

il peso delle parole,

l’avanzare delle ore,

questa solerte manovra di illusioni ..

Dietro un sogno,

magari dentro uno stato magico,

abietto alle ronde emotive,

canzono le proverbiali facoltà,

pur accorto e disimpegnato.

Basta un attimo,

una infausta creatura di origine incerta,

al benservito pudico,

agli spostamenti cauterizzati.

Avverto molta malattia,

nel frequentarsi controvoglia,

stoica femminilità di slancio,

paracaduti d’ombra,

defilati al volgere del tempo.

DISTENSIONE

Forse il verbo,

o qualche parola di troppo,

ma il suono,

lo riconosco ancora,

veritiero,

in mezzo a questa infausta giungla,

capace di solleticarmi,

distrarmi,

in assoluta certezza,

senza concessioni di resa,

o fede,

io vengo al mondo,

come la prima volta,

persuaso dalla nudità,

da quella pubertà fastidiosa,

giù in cantina,

a muovermi eccitato,

contro il materasso,

giù in cantina,

riverso sul letto,

a cercare di capire,

a tentare di placare,

quegli stimoli di erezioni,

la prima volta che esplosi,

come impazzito,

fu qualcosa di forte,

veramente strong ….

quando mi ritrovai macchiato,

sconvolto dalla situazione,

tra tabù e paura.

Era andata così,

la scoperta,

il primo tentativo su me stesso,

inconsapevole,

roboante.

EMACIATO AMORE

La distanza,

ci lascerà apprezzare il distacco,

il promontorio dopo la tempesta,

al di là di quelle nubi rafferme.

Come il nostro cuore,

amalgama invisibile,

di un ventilato amore,

ipoteca ad affittuari raffermi,

spenti nei tentativi narcisi,

apostoli ingenerosi di spasmi,

carezze,

brevi ostacoli di clamore non corrisposto.

Un ultima carezza,

forse la più duratura,

prima di lasciarmi alla pioggia,

al glicine dissennato sul marciapiede …

RESTA NELL’ARIA

Quanta fretta metodologia,

quanti facili rimpianti,

nello avere desiderato a lungo,

un eterno rimpianto non corrisposto,

una sicura valvola,

per ogni chimera nascosta,

dietro colline avvampate di decadenza,

i morti arricchiscono gli agricoltori,

nella semina generosa di momenti,

necessari per placare ogni biasimo,

ogni porta dischiusa,

tramandata a priori,

sotto un sole cogente,

luce meticolosa di facce,

smorfie,

dentature affini …

L’INIZIO DELLA FINE, POI UN ALTRO INIZIO

Quando scegli di amministrare le tue lacrime,

cominci a renderti conto di molte cose,

dei cambiamenti interiori,

di quegli aspetti un tempo teneri,

fragili,

equivoci di un evento,

maturato per isolarti,

una consapevolezza ibrida,

fredda armatura più del marmo,

costante mai labile,

eppure sbarazzina,

meticolosa,

studiata in ogni minima parte,

esteriormente uguale a ieri,

ma diversamente cangiante nei modi,

rude e altamente menefreghista.

L’umanità si basa su omicidi eccellenti,

ed io,

ho nutrito molto rispetto,

quando mi ritrovai con tutto quel sangue sulla lama.

E’ stato necessario,

tagliare i ponti,

pur vivendo nella stessa casa,

ma l’ho fatto.

DIN, DON E DAN

Oggi non accetto molte cose,

malgrado mi si siano posti davanti,

fatto compiuto di troppe variabilità,

intese rinnovate,

più che altro,

rafforzate dal bisogno di assistenza.

Non mi resta che un dialogo muto,

ininterrotto,

chiaramente un monito,

per gli spettri agitati di chi si aliena,

costretto ad allinearmi a dati fatti.

Ma io sono bravo nel remare contro,

a connettermi saltuariamente,

su queste ovvie lacune di umanità.

La forma,

lo sviluppo come deterrente,

mostra un collasso marginale,

poiché la struttura non avanza,

se sacrificata al motore scoppio dei pensieri:

cattivi risentimenti.

OBSOLETI

Tutti hanno qualcosa da dire,

un ossimoro da masticare,

una sorta di reticenza,

ad apparire meno obsoleti,

pur di attrarre maggiore visibilità.

Il mondo di oggi,

le mode di ora,

si deteriorano una dopo l’altra.

Solo i giovani,

percepiscono questo fitto di scambio,

quando le cose sono pronte a cadere,

sugli avanzi di una rigenerazione assoluta.

Io ad esempio,

ho smesso di mordere,

per assumere pose di plastica,

una corta deviazione di propositi,

deleteria per lo spargimento di letame.

IL TERRORE

Ero lugubre,

sono lugubre!

Come lo spettro di questo lunedì,

sepolto in casa,

a terminare un interminabile tedio,

ad avere visionato il finale di The Walking Dead,

e adesso,

avere riacceso la musica,

la mia musica.

Una prigione dietro l’altra,

come ai mondi,

percepiti da Nietzsche,

spazi necessari per impazzire,

avere meno dannazione,

assimilare brevemente,

per stendere le braccia consapevoli.

Poi,

sulla via della narrazione mi interrompo,

tutto ha fine di conseguenza.

PENSIERO INDIE

Quando eravamo Indie,

invasi da questo paganesimo del cazzo,

prostrati a elevare un coito ininterrotto,

colti da una calda ciucciata di nerchie,

mai saturi di piacere,

imbarazzati tra cosce estranee,

eppure così sedotti,

avvinti e avvinghiati,

a costernare l’avanzo di ogni erezione,

preparati alla cappella,

adoratori certi di bianco ardore,

succhiatori impavidi,

tra poppate di gusto ed elevata sconcezza …

Quando eravamo Indie,

il demonio ci prese per mano,

rapiti come bimbi pornografici,

al primo taglio delle membra,

mai interrotti,

da uno stupore anale allargato.

NON ARRIVA MAI

Questa fredda fusione di intenti,

cuori mai più rimarginati dalla tempesta,

marcati a vista,

come bestiame sepolto dal tempo,

da tempeste acclarate dalle circostanze,

gotici affreschi di arte putrefatta …

So valutare un oncia,

drammatizzarne il menadito,

applaudire solerte,

alle ultime battute di arresto …

Lentamente,

la disinvolta vulgata,

appassiona i filamenti reietti,

tutt’al più senza intuire regole,

ma varcando confini di caldo stupore.

TRATTI INDELEBILI

Non vi sono più domande,

accuse da vagliare,

episodi rari da narrare.

Sembra tutto così uguale,

certamente al netto della compressione,

veramente rarefatto,

su punte di orgoglio in scala ridotta.

Io ridimensiono l’orgoglio,

prostro l’ennesima fatica,

cauto,

accendo fiammiferi di base,

scaglio fremiti a nevrosi,

accarezzo l’idea di pura noia,

compro e vendo le persone,

su mero interesse di conti inesatti.

AGITARE IL RISVEGLIO

Questo principesco ardore,

forse uno sfarzo di troppo,

una esagerata e promiscua certezza,

vuoti a rendere sulla linea di tiro,

tendenza arbitraria di sciocchezze,

veri applausi sulla traiettoria di un addio.

Come è nobile,

percepire l’arte del silenzio,

estrarre a sorte il proprio ruolo,

averne cura per brevi istanti,

cullarne il graduale cambiamento,

ruga contro ruga,

anno dopo anno,

il profilo annette assistenza,

ospedaliera movenza,

simbolica scure di convenienza.

ELEMOSINA

Questa cesoia di intenti,

amalgama ingenerosa,

cesura onnivora,

escandescente vipera di piacere,

vampe poco evaporate,

eppure edulcorate dal sensazionalismo.

Il potere,

manipola la ribellione,

agita il sonno dei signori,

e non ostacola la battaglia.

Dunque,

siate armi,

siate impari,

siate sangue,

per una gloria giudicata tale.

AMMUTINATO

Non giunge mai,

il suono nuovo della parola.

Ecco perché tendo al regresso,

allo spasmo invertebrato,

scranno solidale di perizia medica,

assolto pur senza colpe.

Procedo all’inverso,

sia pure per cause perse,

ho l’obbligo di mantenere una linea,

una sorta, di indecifrata sensibilità,

traiettoria.

Ma e quanto di più falso possa dire,

poiché vago da anni,

senza la benché minima destinazione,

nessun porto sicuro,

nessun volto amico,

neppure nemico,

ma questo dannato pulviscolo di abbandono.

IL TERZO

Rimugino insofferenza,

ascolto musica,

amplio catalogo di generi,

tutto meticolosamente perfetto,

mentre attendo la sera,

per bivaccare su qualche notiziario,

abbeverarmi alacremente di beghe politiche,

manfrine trite e ritrite,

masticate fino allo sfinimento,

eppure assai tollerabili,

per la mia natura amorfa.

Lo scirocco,

fuori,

solleva poca cosa,

in questo imprevisto autunno,

ancora solo immaginato,

scontato.

Le stagioni,

del resto,

sacrificano il meglio,

pur di vederci alla deriva,

esasperati e compromessi,

sull’onta di tradimento ambientalistica.

Nessuna fine.

ELEGIA

Quando ho imparato a camminare,

i ricordi sono stati un alibi,

una commutata realtà,

un fiore all’occhiello di troppo,

un vezzo sterile,

segugio esteriore di vecchi traguardi.

Non avevo intenzione di mentire,

ferire ulteriormente il prossimo,

quei volti creduti amici,

ma mettersi in cammino,

ha creato il meccanismo perfetto,

su tutte quelle gallerie allegoriche,

di buon viso e cattiva sorte,

menzione poco gradita,

eppure la sola scelta adeguata,

nel disavanzo carnale.

Il mio lugubre cachet di intenti,

la vera somma incalcolabile.

NEBULOSE DI LIQUIDO

Ogni metodo nasconde la scrittura,

la voglia matta di sesso,

di pornografia spinta.

Amore,

forse spavento,

poi ancora fantasie,

voli carnefici di amanti,

in chiaroscuro,

come chi depreda la contaminazione,

evitando di arridere al piacere …

La tendenza,

declina il ruolo,

i corpi si aggrovigliano,

io arrovello lo stomaco,

torno a fantasticare,

poi a creare un altra situazione di panico,

per evocare tensione,

sperma,

lasciar fuori ogni eccesso.

DICEVAMO PER SEMPRE

Eravamo qualcosa di troppo,

una graphic novel eccellente,

un elaborato meccanismo in funzione,

un amore assai motivato,

con l’urgenza di vivere battito a battito.

Ma la corrente del mondo,

ci ha spazzato via,

demotivati,

lasciato al deterioramento prossimo,

a tutto quel parlare a sproposito,

su danze fin troppo equivoche,

volte a creare l’incidente,

il punto di discussione,

la sola cosa cui non abbiamo esteso poteri forti …

Siamo andati alla deriva,

consci che nulla di così irripetibile,

avrebbe più riabbracciato i nostri cuori.

Lo abbiamo fatto,

ci siamo vissuti anche carnalmente,

stretti reciprocamente,

destinati ad una lacrima fin troppo amara,

densa di rammarico,

eppure persuasi di un eventuale ritorno ,,,

ma gli anni che intercorrono,

sono la stesura perfetta,

di troppi racconti,

che alla fine ho smesso di allineare.

Quando il narratore diventa il personaggio,

la storia declina maree,

spazza via la corrente,

e alla deriva di un ricordo,

sopraggiunge sempre,

una marea di inespresso rancore …

Sono ancora qui,

perduto nel logorio di un incantesimo,

sprezzante e solitario,

ma ancora determinato a rialzarmi,

per ingozzarmi,

poi magari,

tentare di rimettere alla buona …

Ecco paventare il rischio,

il declino fisico,

il vizio e l’ozio che alimento.

Ma di quelle cose,

tutte quelle piccole emozioni,

sono rimaste incustodite dentro di noi.

MAI CITARSI

Sono sopravvissuto,

al tedio del mio compleanno,

agli ibridi auguri social,

alle variegate rimuginazioni di giornata,

mio malgrado,

sospetto e circumnavigato,

ho agito di soppiatto,

elevando atroci dubbi,

come attrito alla psiche,

alla indole solitaria,

di cui ormai,

porto i segni,

cicatrici indelebili,

tagli a mia volta procurati,

e ora,

finalmente,

tutti contro di me,

su questa pelle,

sulle fragilità che più non piego,

ma lascio regredire.

Si,

tutto sommato,

ho seppellito un altro compleanno,

senza il biasimo di festeggiamenti,

cose ardite o eclatanti.

Solo ombre e buio.

 

 

 

NEGLIGENZE

Quando riflettere diverrà necessario,

ogni eloquenza seguirà la sua strada,

senza più il biasimo di ieri,

il traguardo intercorso di certe lacrime,

estraniazione d’obbligo ..

La terra,

saprà riflettere il tributo,

fermare gli annegati,

fondamenta infuocate,

olocausto agli Dèi.

Breve martirio di cultura,

somma bonaccia di intenti,

orizzonte mai perduto,

sguardo altamente fiero,

bulbi e semi di eguaglianza.

DIVISIVO

Abbiamo condiviso il silenzio,

il chiarore di molte albe,

il fatuo movimento della brezza,

sentieri poco nobili;

siamo rimasti appesi a un sogno,

rubato stelle alle maree,

reso insaziabile questo prodigio,

per poi arenarci nelle futilità del mondo,

nelle chiacchiere,

atroce linguaggio moderno,

cambiamento assai diretto,

capace di cancellare ogni bene,

ogni battito ….

ELOGI ERRANTI

Restiamo nel disagio,

figli di un momento lontano,

teneri filamenti di pioggia,

avvizziti e desueti,

dal volere arginare fianco una lacrima.

Il cuore,

poi,

da secoli impropri,

ha smesso quella dannata riluttanza,

permeando di avidi specchi,

quella rivincita mai intessuta in passato.

Sarà così per sempre,

uno strato di mondo sconosciuto,

mi obbligherà a mietere vittime,

tra gli albori semi sconosciuti di questa anima,

grande eco per difese protratte.

BASTA UN ATTIMO

Ho turbato le mie sensazioni,

rarefatto ogni raggiro mentale,

celebrato messe,

senza attendere nessuna unzione.

Ho infranto le regole,

spezzato le redini,

solo per vantarmi in gioventù,

di sciocche condizioni urbane,

sprovveduto e intimorito,

comunque,

mi allaccio a filoni di pura fantasia,

per tornare sempre a piedi con coscienza.

UNA PUNTURA

Necessito di opportunità,

mentre tutto muore,

intorno a me,

una funzione assai celebre,

un requiem redivivo,

che risuona come da disciplina,

scienza non richiesta,

capace di sollevare una reazione.

Ma questo versamento inutile,

ritiene la materia già scontata,

la primaria scelta,

fu di non scegliere l’alibi,

costrizione di facoltà.

Io rinuncio,

da sempre,

a tutto ciò che comporta,

essere ipocritamente dissimile ai miei simili.

LA SOSPENSIONE

Il mio vero interesse,

e sbarazzarmi della sfida,

tendere la mano al tedio,

evidenziare una certa empatia,

e stabilire corsi ludici di estensione,

un vezzo generale,

di una lenta psicologia,

capace di trasbordare oppio connivente,

gergale universo di motoria fatica,

genere apprezzabile ma assai recidivo,

ai furti evidenti dell’anima.

Si fanno tiepidi apprezzamenti,

bozze selettive di cauto imbarazzo,

ma la timidezza talvolta,

rischiara il cuore,

turpe inganno non avrà,

vita estrema di rancido colore.

SONNIFERO

Ci sono notti che non smetterei di dormire,

o di avere sonno,

stanchezza,

incoscienza.

Poi qualcosa,

mio malgrado,

mi ridesta dal torpore,

e osservando la sveglia,

mi appare evidente,

l’avanzato stato delle ore …

Poltrire,

sembra essere diventato un lavoro,

un compito che svolgo senza traguardi,

ma che mi permette di sviare i problemi,

i pensieri,

qualunque sorta di tormento.

TRACCE PERDUTE

Il riverbero delle parole ……………………………….

un discontinuo peso dell’anima ………………………

un chiaro bisogno di affetto ……………………………

il colore invisibile di una lacrima ………………………

indivisibile, eppure pacifico ………………………………

vorrebbe rinfrancare l’assenza …………………………..

la povere divorata come ultimo affanno ………………

colori pallidi in lontananza ………………………………….

musica perfetta per un cuore in sortita ………………..

dipana l’ombra del piacere ………………………………….

malleabile piacere di candore ……………………………..

sensi inopportuni di violenza ………………………………

la fragilità, l’ultima velleità …………………………………..!

UNA BOLGIA DI LACRIME

Era buio,

pericoloso.

Desideravo amarti ancora,

avere una prova,

forse l’ultima,

drammatica prova del tuo cuore.

Ma non ho seguito l’evoluzione,

il battito …

Io impazzivo solo per qualche ora,

io credevo di avere tutto in mano,

ogni soluzione a portata di mano,

per me, per te,

per il nostro simbolico volo di emozioni.

Ma era troppo buio,

era tutto assai precario,

mentre desistevo,

all’equilibrio su cui mi lasciavi cadere,

vibrare.

Poi lasciavi che facessi da me,

fino a che ho staccato la spina,

fino a che tornassi a camminare da solo,

sorretto da un muro di rimpianti.

Ma l’ho fatto,

ho espugnato la fortezza del tuo distacco,

la dipartita fragorosa che hai saputo dare …

Un ultima volta ancora,

solo in quel buio.

Eri tu con me’

O forse il solletico stanco di una lacrima?

UNA PERLA

Quando imparo qualcosa,

la fretta mi concede sempre nuovi dubbi,

turbamenti ideologici,

spazi concreti di solitudine,

su cui obiettare apertamente,

per acuire un pensiero sempre carnale,

affinché non resti in trappola,

schiavo di nessuno,

concretamente libero,

su fragili indugi troppo scontati,

e vero,

ma capaci di trasportarmi su pericolose sensazioni.

Io mi drogo col pensiero,

respiro a fatica talvolta,

ma non accenno al peso,

costante,

che il cuore si rammarica di ricordarmi.

Sono troppo staccato dal veto,

dai vari affari amichevoli o di cuore.

Disconosco queste materie,

avendo già dato,

disturbato,

o forse,

amato pazzamente un errore.

Perché i veri diamanti,

si raccolgono,

quando la strada e già lastricata di rimorsi.

MAI UN TI AMO

Era quasi cielo,

era quasi polvere,

una brezza di cielo azzurro,

occhi verdi assai incustoditi,

mira della mia anima,

quando ho compresi,

di non poterne più fare a meno,

era tardi,

era già troppo tardi,

senza happy end,

senza fiabe di mezzo.

Solo un treno,

mi riportava nella giungla del Sud,

mentre tu,

adulto per scelta,

avevi dettato la tua razione di intelligenza,

ordini a quali disubbidii,

incarnando turbe mentali,

mortificando le tue certezze,

informando tua madre …

Poi la ritorsione,

le minacce di quel padre sempre assente,

il tuo,

che solerte,

mi faceva chiamare da voci miste a dialetto,

per terrorizzarmi.

Ah,

la stagione della giovinezza,

bruciata ed esplosa sotto i colpi della mia incoerenza,

tutto l’ardore del cuore,

cui non ho saputo mollare la presa.

RATTOPPI EMOTIVI

Non eravamo i buoni,

neppure i cattivi,

ma il secolo ci ha già condannati,

alla scure selvaggia della incomprensione,

un copione troppo scontato,

statale o urbano che sia,

la pioggia che abbiamo dentro,

implode su effimere crescite di peli.

Palmo a palmo,

annusarci,

e ciò che resiste alla volontà,

ai rapporti che più volte abbiamo tradito.

Il timore,

come l’ossigeno,

brama sulla pelle di ogni fratello,

sempre abilmente cadavere,

sempre compunto nel simbolo della connivenza.

Un caloroso abbraccio,

un degno rifugio per scordare in fretta la violenza.